PRODUCTS & CINEMA PRO-DUCTS Technologically speaking, in the now distant 1990 only very few people had a personal computer or a mobile phone, and “mass” Internet was still a thing to come. The only technology to burst into Italian households during that year was the VHS. And that boom in video recorder sales was due exclusively to the world championship soccer games being held in Italy. Yet technology was encroaching increasingly on our lives. In the catalog for my exhibition “Cinema products” precisely during that now distant 1990, Alfredo De Laura had written: “modern art is said to be incomprehensible. Yet we aren’t amazed by the many mysteries scattered throughout our daily lives. We accept, for example, a strange series of black lines with numbers on any article for sale: this logo, more obscure than a Chinese ideogram, can only be deciphered by a calculator. We shouldn’t trust it, yet in fact we unconditionally accept both image and content. These little bars can be taken as a symbol of the commercial system. And, as such, they open up an entire discussion on values, particularly in the area of art, when the commercial label seems to take prevail over everything else”. (1) Bar codes had quietly begun appearing on products for a few years already, even if many supermarkets during the eighties did not even have optical scanners yet. Already in 1986 I had been struck by these “mysterious” logos and started to reproduce them, painting giant ones, in an attempt to draw attention to the revolution that was upon us. At the time I was living in Rimini and I only had the chance to show them on two rather unremarkable occasions.
Then, in 1988 I was awarded a scholarship to study at the Centro Sperimentale di Cinematografia in Rome. For a couple of years I was in contact with the medium of film. After completing my studies at the Centro Sperimentale in 1990, and having decided to settle in Rome, I started painting again. My two previous years of “total immersion” in film were so intense that those first paintings were completely inspired by it. Moreover, with such an important anniversary as the one hundred years of cinema imminent, I felt stimulated to plan something that would celebrate the date of 28 December 1895 which marked the first public screening by the Lumière Brothers in Paris. And so, I decided to transform the date into a numerical code (28012-01895), and the bars of the code in many film strips. This is how I painted the first logo of CINEMA PRO-DUCTS. After that, I had fun finding links between cinema and this logo, painting many other works such as “Cinema pro-ducts: fade in open” (a logo that appeared over a sequence of 5 paintings). Or, “Cinemascope” (wider), which finally led to references in contemporary art, such as “Cinema pro-ducts: the viewer” (a logo mounted on a mirror), that referred to the mirror-works by Pistoletto. But by the following year, my attention was already drawn to another type of code, that is, the human one: “according to a new systematics, Werther Germondari relates human D.N.A. to the bar codes of products establishing a parrallel between ‘product genetic codes’ and the ‘human genetic code’” (2). In 1991, using X-rays of the DNA of humans or not, obtained from an institute of biology, I started a study called “D.N.A.rt” which has been going on now for twelve years. “The operation is charged with ethics and symbols: just as the scientist produces genetic mutation by intervening on the structure of DNA, thus the artist manipulates reality redefining it each time in each work.” (3) And “Cinema Pro-ducts”? To tell you the truth, it resurfaced at least twice. The first time, when those studies inspired my graphic design for the publicity postcards for “Strada diritta lunga”. This was a short I made with Maria Laura Spagnoli and it was presented in competition in 1994 at the Cannes Film Festival. The second time occured in 1997, when Festival director Piero Clemente asked me for a design to be used on the poster and cover of the catalog for the Short Film Festival of Siena. (Werther Germondari)
1 Alfredo De Laura, Werther Germondari, Cinema pro-dotti, catalogue, Amelia, Tiziano ed., 1990, p.1.
2 Lucilla Meloni, Interferenze. Un percorso tra l’arte e la pubblicità, in Antares n.5, Catanzaro, Vincenzo Ursini, 1997, p.54 e p.71.
3 Lucilla Meloni, Depositi di polvere, catalogue, Rome, F&D – University of Tor Vergata - MIFAV, 1993, p.16.
PRODOTTI & CINEMA PRO-DOTTI
Nell’ormai tecnologicamente lontano 1990 non solo pochissime persone avevano un personal computer o un telefonino e internet “di massa” era di là da venire. L’unica tecnologia che entrò prepotentemente nelle case degli italiani in quell’anno fu il Vhs. E tale boom nelle vendite di videoregistratori era dovuto esclusivamente ai mondiali di calcio organizzati nel nostro paese. Eppure la tecnologia ci stava sempre più accerchiando. Sul catalogo della mia mostra “Cinema prodotti”, dell’appunto ormai lontano 1990, Alfredo De Laura scriveva: “si dice che l’arte moderna sia incomprensibile. Ma non ci meravigliamo per tanti misteri che costellano la nostra vita quotidiana. Accettiamo, per esempio, su qualsiasi oggetto in vendita, una strana serie di barre nere, accompagnate da numeri: questo logo, più oscuro di un ideogramma cinese, può essere decifrato soltanto da un calcolatore: noi non dobbiamo che fidarci: ma di fatto accettiamo acriticamente sia l’immagine, sia il contenuto. Queste barre possono essere assunte a simbolo del sistema commerciale: e, come tale, apre un dibattito di valori; specialmente in campo artistico, quando l’etichetta del commerciale sembra prendere il sopravvento su tutto” (1) . I codici a barre erano silenziosamente apparsi sui prodotti già da qualche anno, anche se molti supermercati negli anni ottanta non avevano ancora nemmeno i lettori ottici. Già nel 1986 mi interessai a tali loghi “misteriosi” e cominciai a riprodurli, dipingendoli in gigantiti, per tentare di mettere in evidenza la rivoluzione che ci stava coinvolgendo. All’epoca abitavo a Rimini ed ebbi modo di mostrarli solo in due occasioni assai poco rilevanti. Nel 1988 vinsi poi una borsa di studio per il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e per un paio d’anni fui molto a contatto con la pellicola. Terminato il Centro Sperimentale nel 1990 e stabilitomi a Roma ripresi a dipingere. Due anni di “full immersion” nel cinema furono tali che le prime opere erano tutte ispirate ad esso. In più l’avvicinarsi di un anniversario così importante come i cento anni dalla nascita del cinema erano uno stimolo a progettare qualcosa che celebrasse il 28 dicembre 1895, data della prima proiezione pubblica dei Loumiere a Parigi. Trasformai così la data in un codice numerico (28012-01985) e le barre di un codice in tante striscette di pellicola e dipinsi così il primo logo di CINEMA PRO-DOTTI. In seguito mi divertii a trovare connessioni tra il cinema e tale logo e realizzai parecchie altre opere, come “Cinema pro-dotti: dissolvenza in apertura” (un logo che appariva nell’arco di 5 dipinti), o “Cinemascope” (più largo), fino a realizzare citazioni interne all’arte contemporanea, come “Cinema pro-dotti: lo spettatore” (un logo montato su uno specchio), che faceva riferimento alle opere-specchi di Pistoletto. Ma già l’anno successivo il mio interesse si era rivolto ad un altro tipo di codice, quello umano: “secondo una nuova tassonomia Werther Germondari relaziona il D.N.A. umano al codice a barre dei prodotti stabilendo un parallelismo tra ‘codice genetico dei prodotti’ e ‘codice genetico umano’ “ (2) . Utilizzando lastre di DNA umano e non, ottenute da un istituto di biologia, ho cominciato nel 1991 una ricerca che, con il nome D.N.A.rt, prosegue da 12 anni: “L’operazione si carica di contenuti etici e simbolici: come lo scienziato produce mutazione genetica intervenendo sulla struttura del DNA, così l’artista manipola la realtà ridefinendola ogni volta in ogni opera” (3) . E “Cinema Pro-dotti”? A dire la verità, è riapparso almeno in un paio di occasioni. La prima, quando mi ispirai a tali ricerche per la grafica delle cartoline promozionali per la “Strada diritta lunga”, il corto che, realizzato con Maria Laura Spagnoli, ho presentato in concorso nel 1994 al Festival di Cannes. La seconda nel 1997, quando il direttore Piero Clemente mi ha chiesto un immagine per il manifesto e la copertina del catalogo del Festival di Siena. (Werther Germondari)
1 Alfredo De Laura, Werther Germondari, Cinema pro-dotti, catalogo, Amelia,Tiziano, 1990, p.1
2 Lucilla Meloni, Interferenze. Un percorso tra l’arte e la pubblicità, in Antares n.5, Catanzaro, Vincenzo Ursini, 1997, p.54 e p.71.
3 Lucilla Meloni, Depositi di polvere, catalogo, Roma, F&D - Università di Tor Vergata - MIFAV, 1993, p.16.