Exhibitions: HINC ET INDE (quo), Ex-gioelleria Polidori, Amelia, Italy, 2004
See also: FISCHIA IL VENTO DEL MEDITERRANEO / ARTISTI SCIROCCATI, Galerie Hausrot, Koniz, Swizerland, October 2015; Undo.net_PressRelease
“Dopo aver girato tra rassegne video e mostre in forma di pellicola sperimentale o in forma di installazione fotografica, la piscina di Amelia riapproda nel paese che l’ha vista nascere, crescere, ammalarsi, morire. (…) Homo Natans (Hinc et Inde, quo) è un lavoro installativo che Germondari ha deciso di portare nell'ex gioielleria Polidori di Amelia. Strutturandolo attraverso molteplici categorie di opposti, l'artista utilizza per l'occasione quel suo tipico atteggiamento fatto di lievi ma contingenti spostamenti di senso, piccoli spiazzamenti che forzano, obbligano lo spettatore a interagire direttamente con lo spazio espositivo. E questo grazie ad un arguto utilizzo di forme disparate di mezzi multimediali. Se Hinc et Inde, infatti, circola nei festival internazionali in forma di cortometraggio, per l'occasione Germondari decide di ritornare alle undici originarie foto scattate clandestinamente nella piscina ormai vicina alla demolizione. Viene messa da parte in questo modo la forma tridimensionale e narrativa, lo spettatore non è più parte passiva di uno spettacolo che scorre lento sotto i suoi occhi, ma è presenza reale di uno spazio che vive. La fotografia, in qualità di traccia indelebile di memoria, è il mezzo più adatto per una simile trasposizione spaziale. La piscina rivive così i suoi ultimi momenti di vita in qualità di luogo visitabile, viene trasportata “così com’era” all’interno di uno spazio che, non a caso, ha perso anch’esso la sua originaria funzionalità. Ma Germondari non si ferma qui. Organizzando l'istallazione attraverso categorie di opposti (a partire dalla scelta di scattare le foto da ciascun punto della piscina e dal suo opposto), alle immagini fotografiche l'artista aggiunge il sonoro di una piscina frequentata, utilizzata, viva (…)”. (da “Nuoto vuoto”, di Edo Grandinetti).
FISCHIA IL VENTO DEL MEDITERRANEO / ARTISTI SCIROCCATI, Galerie Hausrot, Koniz, Swizerland, October 2015
FISCHIA IL VENTO DEL MEDITERRANEO / ARTISTI SCIROCCATI, Galerie Hausrot, Koniz, Swizerland, October 2015
Homo Natans (Hinc et Inde, quo). Storia di come una piscina tornò a vivere?
Hinc et Inde. Ad Amelia una piscina comunale in disuso, abbandonata a se stessa, ad un progressivo disfacimento, al vandalismo.
Hinc et Inde. Il vociare vivace, allegro, sereno di chi la piscina la sente come luogo di vita e di crescita.
Hinc et Inde. Uno spazio apparentemente morto, che non vuole svanire nel silenzio. Che non vuole perdersi nell’ombra muta di un’imminente demolizione. Ed un suono che non vuole permettere che questo accada.
Quo. Dopo aver girato tra rassegne video e mostre in forma di cortometraggio sperimentale o in forma di istallazione fotografica, la piscina di Amelia riapproda nel suo paese che l’ha vista nascere, crescere, ammalarsi, morire. Questo grazie al lavoro di Werther Germondari, personale risposta all’urgenza di vita che sgorga da quella piscina.
Homo Natans (Hinc et Inde, quo) è un complesso lavoro installativo che Germondari ha deciso di portare nell'ex gioielleria Polidori di Amelia. Strutturandolo attraverso molteplici categorie di opposti, l'artista utilizza per l'occasione quel suo tipico atteggiamento fatto di lievi ma contingenti spostamenti di senso, piccoli spiazzamenti che forzano, obbligano lo spettatore a interagire direttamente con lo spazio espositivo. E questo grazie ad un arguto utilizzo di forme disparate di mezzi multimediali. Se Hinc et Inde, infatti, circola nei festival internazionali in forma di cortometraggio, per l'occasione Germondari decide di ritornare alle undici originarie foto scattate clandestinamente nella piscina ormai vicina alla demolizione. Viene messa da parte in questo modo la forma tridimensionale e narrativa, lo spettatore non è più parte passiva di uno spettacolo che scorre lento sotto i suoi occhi, ma è presenza reale di uno spazio che vive. La fotografia, in qualità di traccia indelebile di memoria, è il mezzo più adatto per una simile trasposizione spaziale. La piscina rivive così i suoi ultimi momenti di vita in qualità di luogo visitabile, viene trasportata “così com’era” all’interno di uno spazio che, non a caso, ha perso anch’esso la sua originaria funzionalità.
Ma Germondari non si ferma qui. Organizzando l'istallazione attraverso categorie di opposti (a partire dalla scelta di scattare le foto da ciascun punto della piscina e dal suo opposto), alle immagini fotografiche l'artista aggiunge il sonoro di una piscina frequentata, utilizzata, viva. Il dubbio nello spettatore a questo punto diventa legittimo: e se la piscina potesse ancora vivere? Dubbio irrisolvibile, a cui Germondari non dà nessuna risposta. Sta allo spettatore prendere una posizione, perché l'artista riminese, ormai romano d’adozione, ricostruisce l’ambiente solo per sineddoche, accennando il tutto senza darne un'eventuale soluzione finale.
Finisce così che più in generale, senza scadere in una retorica banale, ma, anzi, alla luce sempre di quell'immancabile ironia dissacratoria che caratterizza la sua produzione, l'allestimento è coinvolto nella dialettica tra "vita" e "morte". Il da qui e da là, a cui fa riferimento il lavoro, può essere visto come punto di partenza di questa dialettica, che sfugge da una decisa dicotomia, finendo per far scivolare l’una dentro l'altra le due categorie: la vita nella morte, e viceversa. Senza possibilità di distinzione alcuna.
Vita-Morte. Il teschio in vetrina di quell'improbabile Homo Natans ideato da Germondari, è il primo monito di questo incontro/scontro. Abbigliato con un gusto kitsch, con tanto di costume da bagno, cuffia ed occhialini, si propone come reale metafora del senso di fondo che scorre lungo tutta l'istallazione. La vetrina che espone il teschio dell'Homo Natans, la luce di wood che illumina lo scheletro posizionato sul retro dell’ex-gioielleria, rappresentano, con un senso desacralizzante e volutamente ridondante, il primo e l'ultimo segnale di risposta alla secolare dialettica vita-morte che scivola fuori dal lavoro dell’artista: e se fosse nell'ironia stessa la possibilità di superare il problema?
Edo Grandinetti