Psychosofatic
Psychosofatic
Un uomo attende il suo turno dallo psicanalista...
A man awaits his turn at the psychoanalyst’s...
con / cast
WERTHER GERMONDARI
MARIA LAURA SPAGNOLI
REINHARD ZICH
sceneggiatura / script
WERTHER GERMONDARI
montaggio / editing
MARIA LAURA SPAGNOLI
WERTHER GERMONDARI
suono / sound
MARIA LAURA SPAGNOLI
musiche / music
PAOLO PIZZI
scenografie e costumi / art direction
WERTHER GERMONDARI
MARIA LAURA SPAGNOLI
fotografia / cinematography
WERTHER GERMONDARI
produzione e regia / production and direction
WERTHER GERMONDARI
Screenings:
15.Dresdner Schmalfilmtage, Germany, January 2014
10th Berlin International Directors Lounge, Germany, February 2014
V Cortinametraggio, Cortina d’Ampezzo, Italy, March 2014
22nd International ContraVision Film Festival, Berlin, Germany, March 2014
XIII Festival del Cinema Indipendente, Foggia, Italy, April 2014
V Festival del Cinema Patologico, Roma, Italy, April 2014
Cine Mental, I Festival de Cortos y Salud Mental, Sevilla, Spain, May 2014
Umbriametraggi, Montone, Italy, July 2014
XII Rassegna del Cortometraggio, Festival ‘Il Sole, La Luna’, Giove, Italy, July 2014
38th Open Air Filmfest Weiterstadt, Germany, August 2014
XV Trani Film Festival, Italy, August 2014
Sedicicorto SFF, Forlì, Italy, October 2014
Roma Corto Fest, Italy, November 2014
I 400 Corti Film Fest, Palestrina, Italy, November 2014
R>>EJECT RADICALS, Rotterdam, The Netherlands, January 2015
7°Festival del Corto - Registi a Confronto, Castel Bolognese, Italy, May 2015 (3rd Prize of the Jury)
11th International Short Film Festival Detmold, Germany, June 2015
3rd EDU FF, Montefiascone, Italy, June 2015 (Best Direction Prize)
CineFort Festival, San Giorgio La Molara, Italy, July 2015
IX Shortini IFF, Augusta, Italy, July 2015
Busho IFF, Budapest, Hungary, September 2015
Catone FF, Monte Porzio Catone, September 2015 (3rd Prize)
Filmzeit, Kaufbeuren, Germany, October 2015
Recensioni:
“Venti anni fa Werther Germondari esordiva, se si esclude Picnic (1986), con un’opera cinematografica, Una strada diritta lunga, selezionata a Cannes. Un uomo con una bicicletta percorre una strada apparentemente infinita, attraversando simbolicamente la sua vita e le sue età. A termine corsa si volta indietro forse a riconsiderare l’intero percorso, cosa lascia o cosa ha perso. Una vita ben lunga come la strada ma vincolata alla carreggiata e obbligata a fermarsi, concludersi: nonostante lo spazio fisico della strada sia ancora percorribile è la dimensione umana ad imporre limiti.
Vent’anni dopo in Psychosofatic c’è ancora un uomo, racchiuso in uno spazio, una sala d’attesa e protagonista è ancora l’iterazione tra dimensioni fisiche e durata umana. La sua permanenza nel luogo è limitata. Il tempo, segnato da un orologio fuori campo quasi ad indicarne l’imprendiscibilità, avanza come avanzava la bicicletta, per natura o per inerzia. La voce del dottore, che lo chiama nel suo studio, determina la fine di questo segmento di tempo e rivela la limitatezza di questo spazio. Stavolta l’uomo è obbligato ad alzarsi-uscire dal quadro. La “fine” è quindi, nelle due opere, sempre determinata da un mutamento di direzione-locazione, uno spostamento.
Un’unica inquadratura fissa (l’opera è costruita su un unico piano-sequenza) mostra l’uomo (lo stesso Germondari) mentre cerca la vita di questo spazio o una soluzione ad esso. L’ordine precostituito (sofà, colonna, carta da parati e quadri appesi al muro) vorrebbe essere stravolto. Infatti nell’ordine perfetto l’uomo ha trovato la sua antitesi: il simbolo-strumento della distruzione, un grosso martello. Lo prova sul sofà, due volte, senza sortire effetto. Al richiamo del dottore però rimette tutto a posto, con un’urgenza simile a quando si teme di essere scoperti.
Si intuisce allora che nel breve cortometraggio, in bianco e nero, il cui protagonista è muto e quasi keatoniano, c’è dell’altro. Cerchiamolo in tre elementi. Il sottofondo musicale, il ritratto di Freud alla parete e il finale e unico spostamento di camera.
La colonna sonora, composta da Paolo Pizzi è camuffata come uno dei soliti sottofondi posti ad “intrattenere” i pazienti nelle sale d’aspetto. In realtà il titolo del pezzo suonato è “Il valzer dell’insanità”. Siamo molto probabilmente da uno psicologo e l’armonia così instabile del duetto tra pianoforte e viola simula lo squilibrio presente nel paziente, uomo qualsiasi, rappresentante del nostro genere umano.
Freud è un po’ per tutti il simbolo ed il promemoria della nostra scissione interna e sotto i suoi occhi la contrapposizione “paziente educato” – “distruttore di sofà” è emblematica del classico dualismo tra Eros e Thanatos.
L’ultima scena vede l’uomo uscire dal quadro, verso la voce del dottore che inizia a porgli domande. La camera lentamente si sposta a destra andando così a rivelare un luogo più ampio di quello immaginato e soprattutto una inaspettata presenza femminile (la storica collaboratrice di Germondari, Maria Laura Spagnoli) che stupisce. I movimenti furtivi dell’uomo sembravano quelli di un uomo che, sapendo di essere da solo, compie un azione che sarebbe forse inaccettabile in pubblico. Scopriamo invece che tale donna era con lui per l’intera durata dell’azione, ma forse impassibile, fissa sullo schermo del computer, indifferente come una presenza irreale.
Si potrebbe ancora affidarsi alle teorie freudiane e vedere nelle tre presenze, uomo, donna e dottore, i tre poli di Es, Io e Super-io, ma nell’eludere, nel lasciare sospesi e nell’ “interrogare” lo spettatore dopo soli tre minuti di film (di vero e proprio film si tratta essendo stato girato con pellicola Kodak e un elegantissimo mascherino) sta uno dei pregi dell’opera.
Un’opera lunga un pensiero, un’idea, e tutto è risolto con grande consapevolezza estetica in una singola e misuratissima scena. Personalmente ho avuto il piacere di vedere solamente i due lavori che ho menzionato, gli estremi del suo percorso. Chissà se in futuro parleremo anche di ciò che è successo nel frattempo su queste pagine”.
Erasmo, http://grandebellezza.wordpress.com/2014/07/14/psychosofatic-germondari/
Psychosofatic
2014, S16mm, b/W, 4’
link to the shortfilm:
© www.werthergermondari.com